I colloqui di Psicoterapia Individuale per la cura dell’ansia e degli attacchi di panico hanno lo scopo di alleviare le difficoltà dando maggiore consapevolezza alla persona.
L’ansia fa parte della vita quotidiana e spesso rappresenta la normale risposta fisiologica a fattori ambientali stressanti; quando invece le risposte dell’organismo sono eccessive e immotivate si può parlare di Disturbo d’Ansia.
La persona che ne soffre è continuamente preda di uno stato di agitazione e di tensione accompagnata da inquietudine e preoccupazione costante.
Il percorso di psicoterapia permette di migliorare la qualità della vita, di avere maggiori possibilità di scelta e di analizzare il contesto familiare che ha generato il disagio.
L’obiettivo è concreto: migliorare le relazioni interpersonali e sentirsi adeguati e a proprio agio in ogni contesto.
CHE COS’È L’ANSIA
Molte sono le situazioni sociali che possono generare situazioni d’ansia nelle persone: può essere definita come uno stato di apprensione, di tensione, di disagio che scaturisce dall’anticipazione di un pericolo. Si accompagna a modificazioni fisiologiche simili alla paura.
L’ansia può essere considerata patologica solo quando è presente in grado tale da interferire con l’efficienza della vita e il conseguimento degli obiettivi.
Il vissuto è di una sproporzione tra le capacità e le forze personali e l’entità dei problemi da affrontare.
Lo stato d’ansia può variare di intensità e fluttuare nel tempo in funzione della minaccia percepita. L’ansia dà un sentimento di insicurezza, di impotenza di fronte ad un danno percepito; può costituire fonte di preoccupazione oppure manifestarsi come tendenza a sfuggire e ad evitare la minaccia.
L’ansia permette all’organismo di attivarsi quando una situazione viene percepita come pericolosa.
L’ansia però non è solo un limite o un disturbo, ma costituisce un’importante risorsa perché è una condizione fisiologica, efficace in molti momenti della vita per proteggerci dai rischi, mantenendo lo stato di allerta e migliorando la prestazione ad esempio sotto esame!
CHE COSA SONO GLI ATTACCHI DI PANICO (SINTOMI)
Sono episodi di improvvisa ed intensa paura accompagnati da palpitazioni, sudorazione improvvisa, tremore, sensazione di soffocamento, dolore al petto, nausea, paura di morire o di impazzire, brividi o vampate di calore.
Da chi li ha provati vengono descritti come un’esperienza terribile, spesso improvvisa ed inaspettata, almeno la prima volta.
Cresce così l’ansia anticipatoria e le persone preferiscono evitare i luoghi e le situazioni in cui si sono manifestati i precedenti attacchi sviluppando agorafobia ovvero l’ansia relativa ad essere in luoghi o situazioni dai quali sarebbe difficile o imbarazzante allontanarsi o nei quali potrebbe non essere disponibile un aiuto nel caso di un attacco di panico inaspettato.
Diventa difficile o pressoché impossibile uscire di casa da soli, viaggiare in treno o guidare l’auto, stare in mezzo alla folla o in coda e così via.
L’evitamento di tutte le situazioni potenziali ansiose diviene la modalità prevalente e la persona diventa schiava del suo disturbo costringendo i familiari ad adattarsi di conseguenza, a non lasciarlo mai solo e ad accompagnarlo ovunque; ne segue un senso di frustrazione che deriva dal fatto di essere “grande e grosso” ma di dipendere dagli altri.
Di solito gli attacchi di panico sono più frequenti in periodi stressanti.
Tra gli eventi più comuni troviamo la separazione, la perdita o la malattia di una persona significativa, l’essere vittima di qualche forma di violenza, problemi finanziari e lavorativi.
La paura di dover fronteggiare da solo un nuovo attacco di panico induce l’individuo a ricercare la vicinanza e la presenza di parenti e/o amici che lo aiutano a sentirsi più al sicuro.
Questo può però comportare la drastica riduzione dei livelli di autonomia della persona che può avere conseguenze al livello di funzionamento sociale e lavorativo in particolare.
Un problema rilevante in questi casi è che spesso l’individuo che soffre di attacchi di panico non è in grado di chiedere aiuto o non desidera farlo e, in alcune situazioni, è il tipo di sintomatologia stessa che impedisce la richiesta di aiuto, in quanto possibile situazione ansiogena e quindi scatenante un attacco di panico.
Data invece la forte tendenza di questi disagi a diventare cronici, dato l’alto livello di compromissione del funzionamento sociale e della vita relazionale, data l’intensa sofferenza soggettiva che provocano nell’individuo, è importante rivolgersi ad un professionista esperto che possa aiutare a superare questo tipo di disturbo e a cambiare le condizioni individuali e relazionali che concorrono al mantenimento della sintomatologia.
Per controllare la sintomatologia relativa agli attacchi di panico, all’ansia di evitamento e l’agora-claustrofobia è bene integrare l’intervento psicoterapeutico con una terapia farmacologica.
INTERVENTO IN OTTICA SISTEMICA NEI DISTURBI D’ANSIA
La prima ipotesi tanto generale quanto esaustiva dell’origine di ogni problema è quella del DOPPIO LEGAME ossia l’esperienza in una relazione vitale, del disagio creato da un’incongruenza nella comunicazione verbale e non verbale senza la possibilità di meta comunicare su di essa.
L’incongruenza dei livelli verbale e non verbale, vissuti nella relazione, creerebbero una difficoltà della tipizzazione logica dei messaggi e quindi un’indecidibilità dei processi mentali e dell’identità stessa.
Nella seconda ipotesi il doppio legame entra a far parte di un gioco a tre e si rende comprensibile come parte di un conflitto relazionale (agito per la maggior parte nella coppia) nel quale viene coinvolto un terzo che diverrà il paziente designato (spesso un figlio).
E’ la prima ipotesi veramente sistemica: Ogni problema va sempre visto all’interno di un triangolo relazionale.
Si definiscono così le funzioni critiche di un sistema: vengono introdotti i concetti di regole (cosa posso fare con chi e cosa posso aspettarmi da chi), gerarchie (chi decide cosa su chi), alleanze (chi decide cosa con chi).
Viene ipotizzato un principio gerarchico nella comunicazione poiché noi cataloghiamo i messaggi anche a seconda della fonte di emissione; ogni messaggio contiene un aspetto di definizione della relazione che connota la posizione che i partecipanti occupano nel sistema e quindi di potere nella relazione.
Si viene a definire così una totale reciprocità tra chiarezza e congruenza dei messaggi, definizione delle regole relazionali, definizione delle gerarchie del sistema.
La stabilità dell’identità personale viene legata alla stabilità delle regole e della gerarchia del sistema.
Benessere personale e buona organizzazione vengono così a sovrapporsi…”Noi siamo il sistema che abbiamo introiettato!”.
La terza ipotesi “Giochi relazionali” è sostanzialmente una complessificazione dell’ipotesi tri-generazionale.
Nella quarta ipotesi si cerca di rientrare nella “scatola nera” dell’individuo per cogliere in maniera più raffinata come le descrizioni dei propri conflitti intrapsichici si coordinino con quelle dei conflitti relazionali.
IPOTESI INDIVIDUALI E CONTESTO DI APPRENDIMENTO
- Doppio Legame “Sii indipendente dipendendo da me”.
- Il paziente è un giovane che sembra essere restato vittima del mito del padre, uomo geniale. Il giovane sviluppa il sintomo che lo tiene legato alla famiglia per non opporsi a lui.
- L’esordio sintomatico si situa nella fase dell’autonomizzazione dell’individuo nei confronti della famiglia di origine. Il paziente si trova di fronte al dilemma tra appartenenza ad un rigido mito familiare e tendenza all’autonomia. La persona si percepisce come incapace di gestire difficoltà relazionali, o al contrario, rigidamente attaccata a certe convinzioni che la fanno apparire sicura di sé; sviluppa inoltre un vissuto di fragilità e difficoltà ad entrare in intimità con gli altri come conseguenza di un controllo eccessivo delle emozioni.
- Elementi ridondanti sono la giovane età dei pazienti quando si tratta di esordio della patologia, un vissuto soggettivo di costrizione e responsabilità.
CONTESTO FAMILIARE
- Ogni membro della famiglia deve organizzare la propria esistenza intorno al Mito familiare: chi cerca di sottrarsi ad esso viene emarginato e criticato.
- Si può supporre un contesto familiare caratterizzato da una madre dipendente, padre fuggitivo e da un figlio che si lega alla prima e la supporta; le difficoltà cominciano a manifestarsi con l’adolescenza del figlio. Lo sviluppo del sintomo permette al figlio di mantenere la relazione protettiva senza perdere l’autostima.
- Le famiglie in cui il paziente designato soffre di attacchi di panico hanno passaggi di cicli di vita ed evolutivi irrisolti, presentano confini diffusi tra i sottosistemi, elevato coinvolgimento nei problemi dei membri della famiglia, triangolazione per stabilire relazioni diadiche, poca autonomia, falliscono nel risolvere i conflitti.
- Chi soffre di attacchi di panico descrive i genitori e la propria famiglia come aventi bassa autonomia e una bassa intimità.
CONTESTO DI COPPIA
- In una coppia complementare rigida il coniuge “down” può diventare sintomatico (ad es. agorafobia) per cercare di controllare il partner.
- Il coniuge “up” può diventare sintomatico (ad es. claustrofobia) per smettere di sfuggire dal partner e legarsi senza riconoscergli alcuna competenza.
- Paura dei legami significativi e di conseguenza il momento del matrimonio è procrastinato nel tempo.
- Il sintomo mantiene il rapporto con il partner.
- La malattia evita di compiere scelte che potrebbero mettere in crisi il matrimonio.
IN SINTESI
Negli attacchi di panico l’incongruenza comunicativa è “Sii indipendente, dipendendo da me”.
Nel conflitto relazionale abbiamo un mito familiare in cui il padre è rigido e talvolta fuggitivo, la madre è dipendente e si allea al paziente (ossia al figlio); i passaggi del ciclo di vita non sono risolti, i confini sono diffusi e abbiamo un forte coinvolgimento familiare.
Nel conflitto intrapsichico abbiamo un vissuto soggettivo di costrizione e responsabilità, difficoltà ad entrare in intimità con gli altri, controllo eccessivo delle emozioni.
Nel conflitto di coppia abbiamo bassa intimità e necessità di controllare o sfuggire.